Se ne tornò al suo paese, in una delle ultime e più erme pendici del Monteamiata: un chioccioleto di casucce dal tetto rosso e nero come befane, più su e più giù, tra i castagni: casucce che fumano sempre, perchè là può mancare il pane, ma non la legna nei bassi focolari. In un angolo una vecchia torre quadrata […] che confonde, da lontano, il suo colore grigio con quello d’un arido monte vicino, è quanto rimane del castello di certi conti, in voce di superbi nella COMMEDIA di Dante. Sulle fondamenta del loro vecchio castello sta oggi il bel palazzo d’un duca, pel cui cortile s’entra in paese, sulla piazza tranquilla, tutta selciata con l’orologio che batte i quarti, e circondata dagli altri secolari palazzotti de’ benestanti.
Mario Pratesi
Santa Fiora: capitale di un’antica contea
Santa Fiora si presenta al visitatore come un caratteristico e pittoresco borgo toscano alle pendici del Monte Amiata. In realtà, nei secoli passati, fu un centro ben più importante dei tanti circonvicini, tanto che nel XIII sec. poteva vantare una popolazione più numerosa di Grosseto. All’osservatore paziente e attento, non sfuggiranno certo gli elementi – il castello e l’insieme delle fortificazioni, la struttura urbana medievale ancora ben conservata, la presenza di chiese e conventi – che ne fanno un rilevante centro storico e monumentale nella Toscana meridionale, l’unico che possa vantare un giardino con l’acqua. Questa rilevanza non stupirà quando si pensi che Santa Fiora fu, dal XIII al XVII, capitale di una piccola Contea di confine, incuneata tra la Toscana e lo Stato della Chiesa, dominio prima degli Aldobrandeschi – una importante famiglia feudale che possedette un territorio più vasto dell’attuale provincia di Grosseto – poi degli Sforza, un ramo cadetto dei signori di Milano. Il matrimonio dell’ultima erede Cecilia Aldobrandeschi con Bosio Sforza nel 1439 salvò l’integrità della contea inaugurando una politica di alleanze patrimoniali e familiari. Guido Sforza ospitò papa Pio II Piccolomini e, secondo la leggenda, uccise un drago che infestava la campagna, facendosi ben volere dai suoi sudditi.
Nel Cinquecento la Contea di Santa Fiora, insieme a quella limitrofa degli Orsini di Pitigliano e al confinante Ducato di Castro, rappresentò un’enclave autonoma tra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio. Nel corso del Seicento gli Sforza cominciarono a perdere gran parte del loro potere. Nel 1673, con il matrimonio tra Federigo Sforza e Livia Cesarini, le finanze si risollevarono. Poco a poco però gli interessi dei feudatari scemarono e, tra ‘800 e ‘900, i diritti di proprietà sulle miniere, sulle acque, sulla terra furono ceduti a imprenditori minerari, enti pubblici e proprietari privati. Scompariva così il loro dominio economico e sociale, di tradizioni secolari, sul territorio santofiorese.
Invito alla visita del centro storico: i tre Terzieri
Il centro storico di Santa Fiora è diviso in terzieri: Castello, Borgo e Montecatino. La visita inizia dal terziere di Castello (la parte più antica del paese, dove si trovano i resti degli edifici e delle fortificazioni aldobrandesche) caratterizzato da una grande piazza dominata dalla Torre trecentesca e dal Palazzo Sforza. Percorrendo Via Carolina si raggiunge la Porticciola e si passa nel Borgo, sviluppo urbanistico quattrocentesco del Castello, il cui fulcro fu probabilmente il Convento agostiniano di San Michele. Fu a lungo la parte più popolata del paese, dove trovarono collocazione botteghe artigiane e attività commerciali legate all’agricoltura. In una zona periferica del terziere, stretto fra il Convento delle Clarisse e il Convento agostiniano, fu collocato il Ghetto degli Ebrei.
Dalla Porta di San Michele, si raggiunge il terziere di Montecatino. Come suggerisce il nome (“catino” punto di raccolta dell’acqua) è caratterizzato dalla Peschiera che raccoglie le acque delle sorgenti del Fiora. Sfruttando la forza motrice delle acque, sorsero nell’area diversi impianti e manifatture preindustriali (mulini, ferriere, laboratori artigiani). Poi si formò un vero e proprio nucleo insediativo che, oltre ad accogliere le maestranze degli impianti, utilizzava anche la propria posizione di confine per attività commerciali, mercantili e pratiche di contrabbando.
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